Touroperator: le barche dei migranti si trasformano in sculture. Il progetto di Massimo Sansavini

  By Giulia Ronchi – 1 aprile 2019

LE OPERE, RICAVATE DAI RELITTI DELLE BARCHE NAUFRAGATE, DIVENTANO UNA DENUNCIA SOCIALE CONTRO LA PERDITA DI VITE IN MARE. UNA MOSTRA ITINERANTE PER RIFLETTERE SU UNA CONDIZIONE DI EMERGENZA CHE ATTANAGLIA IL NOSTRO TEMPO.

CIMITERO DELLE BARCHE 2015
CIMITERO DELLE BARCHE 2015

Il progetto di Massimo Sansavini (Forlì, 1961) comincia nel 2013, in seguito ad un tragico naufragio in cui perse la vita un alto numero di migranti. Un fatto che lo segna a tal punto da indurlo a impiegare la sua pratica artistica per lanciare un messaggio a un pubblico il più vasto possibile. Recatosi nel “cimitero delle barche” di Lampedusa, ha recuperato i legni di quei relitti e, con essi, gli effetti personali di chi ha perso la vita in mare, e ne ha fatto delle gioiose sculture. Attenzione però: dietro quelle forme variopinte si nasconde un messaggio di dolore. E dietro a Touroperator, amaro riferimento ai responsabili di traffici illeciti, si denuncia un’illegalità che illude i migranti per condurli, talvolta, alla morte. È il messaggio del progetto di Massimo Sansavini, diventato dal 2016 una mostra itinerante che ha toccato 11 luoghi – tra cui il Parlamento di Bruxelles – per portare una riflessione, collettiva, sul significato di tolleranza e umanità.

TOUROPERATOR: LA NASCITA

Il progetto di Massimo Sansavini è frutto della presa di consapevolezza di una situazione drammatica a cui all’epoca non si dava ancora molto peso, ma che sarebbe presto divampata come un incendio, diventando una questione all’ordine del giorno del dibattito pubblico e politico. “È un racconto di viaggio anomalo quello che vi voglio presentare con questa mostra. Una sorta di viaggio all’incontrario verso l’isola di Lampedusa”, racconta l’artista, “tutto ebbe inizio alla fine del 2013: era il mese di ottobre quando giornali e televisioni riportavano la notizia di un naufragio al largo di Lampedusa che causò la morte di oltre 360 persone. Una tragedia che rimbalzava nei vari mezzi di comunicazione con evidente commozione da parte di tanti. Fino a quella data i tragici eventi che succedevano nel canale di Sicilia erano arrivati, certo, ma passavano in modo silenzioso, distratto, come tanti fatti che accadono ma che non ci toccano da vicino. Da quel momento la mia attenzione si è concentrata su questo argomento: naufragi, sbarchi superstiti, persone che dalle coste dell’Africa cercano approdo in Europa”. Quel 3 ottobre, poi diventato la Giornata Nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, è stato per Sansavini il punto di partenza per una mostra itinerante che reca in sé il dolore legato all’accaduto: “ho deciso come artista di impegnarmi a dare voce a questa realtà per fare in modo che anche l’arte contemporanea possa portare un suo contributo ad una maggiore presa di coscienza su questo fenomeno che ormai ci appartiene”, spiega l’artista.

TOUROPERATOR: IL PROGETTO

Con due collaboratori mi sono recato a Lampedusa per il compimento di questo progetto, con materiali e attrezzature idonei a prelevare parte degli scafi custoditi presso la ex base USA Loran e a realizzare una documentazione video e fotografica”. Massimo Sansavini è l’unico artista ad aver ottenuto l’autorizzazione dal Tribunale di Agrigento (nel 2015) per accedere al “cimitero delle barche” di Lampedusa, nell’ex-base americana Loran, oggi un sito abbandonato e vandalizzato: scafi e relitti di barche destinati alla distruzione, sono stati recuperati dall’artista, assieme a molti degli oggetti personali che appartenevano ai migranti che hanno perso la vita durante la tragica traversata. Il legno prelevato dalle imbarcazioni abbandonate è stato poi selezionato, catalogato e messo a nuova vita, trasformato in sculture che raffigurano i fondali marini, in memoria dei singoli naufragi. Stelle, cuori, casette e simboli colorati: queste opere – ognuna recante la data di un naufragio – dall’aspetto così naif e gioioso, sono portatrici di una vicenda umana dolorosa, il cui senso di tragicità è acuito proprio da questo forte cortocircuito tra significato e estetica.

TOUROPERATOR: LA MOSTRA

Questo corpus di opere è poi diventato una mostra itinerante, dal titolo Touroperator, un tagliente ossimoro tra le compagnie di viaggi e vacanze e gli scafisti, mercanti di uomini e donne che organizzano le traversate in mare, nutrendo così un traffico danarosissimo di criminalità organizzata. Lo stesso logo trae spunto dalla frase Arbeit Macht Frei posto all’ingresso di Auschwitz, a ricordare che anche questo è un olocausto. Prendendo avvio nel 2016, la mostra sta girando l’Europa e l’Italia, in spazi istituzionali, musei e all’interno di festival, accogliendo visitatori e scolaresche, accompagnata da programmi didattici ed incontri dedicati alla tolleranza e all’integrazione, questioni ormai al centro di diverse iniziative artistiche. Le città italiane coinvolte fino ad ora sono 11, tra cui i Musei San Domenico di Forlì, il Museo del Mare di Palermo, Stazione Marittima Zaha Adid, Salerno, il Comune di Imola e il Parlamento Europeo a Bruxelles. A partire dalla mostra al Museo del Mare di Palermo (ottobre 2017), Touroperator ha ottenuto il patrocinio di Amnesty International per l’alto valore simbolico ed etico delle tematiche proposte. La prossima tappa, i cui dettagli sono ancora da definire, si terrà ai Musei di Stato di San Marino.

Giulia Ronchi

http://mostratouroperator.sansavini.it

ARTRIBUNE – articolo di Giulia Ronchi per Artribune – aprile 2019